Al'alba di una nuova avventura, ho scelto senza possibilità di alternative di eliminare zavorra, l'aria calda e leggera porterà in alto la mia mongolfiera colorata, allegra, e carica dell'essenziale, nulla serve oramai, se non il silenzio della neve e il canto del mare, e mentre cestino, elimino, pulisco capisco che bisogna conservare alcune cose, me lo devo, te lo devo.
Caltagirone, data indefinita... Seduto ad un tavolino del caffè
vicino alla sala espositiva in memoria di Don Luigi Sturzo in assoluta e voluta
solitudine.
La lettera è per te, per me e anche per chi non c’è più pensando
che prima o poi non ci saremo più nemmeno noi. La lettera è intera, satura di
quel flusso istintivo che ogni tanto mi travolge senza senso né misura.
Qui non è primavera, da questa parte dell’isola sotto il
vulcano comincia adesso il periodo più freddo dell’anno. Alla fine di febbraio
comincerà a riscaldare ma per ora l’Etna è imbiancata dagli 800 metri in su: poi la
neve scenderà più in basso certamente. Mi chiedo oggi se riuscirò a vedere la
prossima primavera, se avrò gli occhi giusti per vederla intendo e se uscirò
dall’inverno di questa mia parte di vita.
La colpa è dei bilanci mandati in soffitta e non al macero. Distrutti,
probabilmente avrebbero fatto meno male ma avrei avuto addosso quelli nuovi che
si formano man mano. Non sono poi migliori.
Anelo ad un resto di esistenza silenzioso e minimale, che io riesca a
rimettermi in sella è risibile; gli ultimi anni senza scosse, senza luci della
ribalta, senza pretese normali di miglioramento…senza amore?
“Arriva tutto a chi sa aspettare” è un detto cretino: arriva tutto comunque, anche quello che non
vuoi che arrivi. Così come passa tutto. O quasi.
L’anno nuovo (si chiama in
questo modo) gironzola da un po’ tra le mie cose, non ha nessun aspetto
particolare e mi guarda di sfuggita. Mi dà sui nervi ma sto zitto, anzi scrivo
e scrivo a te che forse hai una vera amica accanto, una di quelle che non ti
chiede nulla ma sa dare. Tra gli umani è un gesto raro, lo sappiamo tutti, ce
lo raccontiamo ad ogni piè sospinto, credo che in fondo ci piace così. E’
l’egoismo e l’indifferenza ben vestita la nostra cifra comune come umani. I
cani sono diversi. Ma io non voglio cani né altri animali intorno da accudire,
non sono capace di accudire nessuno preferisco di gran lunga godere il respiro
della natura attraverso gli animali liberi dal nostro desiderio di compagnia.
Amo il canto degli uccellini, stamattina presto c’era un pettirosso che
saltellava tra la ringhiera del balcone e un vaso di gerani, una pallina di
piume e un suono piccolo e acuto. Mi sono fermato ad osservarlo per molti
minuti, immobile perché volevo che lo spettacolo durasse il più a lungo
possibile. Incantato ecco cos’ero, fermo e incantato a osservare l’armonia allo
stato puro. Poi d’improvviso è volato via, non so perché, non ho ho avvertito nè visto nulla che potesse spaventarlo. Svanito in un secondo e tutto il
palcoscenico è rimasto vuoto. E’ cominciata dopo la mia giornata senza che io
potessi riprendere il filo buono dell’inizio. Faccio così da troppo tempo:
lotto per sopravvivere alla nausea di una esistenza e di un contorno che non è
quello che ho dentro, che non voglio. Pare esista solo quello purtroppo, il
resto, o almeno una piccola porzione, è scomparso dalle bancarelle della mia
vita. Ricordarne l’aspetto è stata finora una consolazione, temo possa divenire
un’accidia mentale col passare dei mesi. Arriva tutto a chi sa aspettare.
Cucina la tua vita adesso, in questo istante per me: usa gli ingredienti che
vuoi. Donati che io ti guardo in silenzio. E mentre ti muovi e scegli ciò che
metti nella pentola io percepisco certi tuoi segreti pensieri. Hai fatto molte
cose nella vita e le loro tracce sono state stabilite e descritte da te o da
altri: precise, indiscutibili? C’è un’altra vita dentro la nostra vita, quella
che non raccontiamo a nessuno: sta lì apparentemente facile, per tutti e tutti
passano oltre!
Il segreto delle nostre essenze si difende così, senza alcun orpello,
l’attenzione ci attraversa, siamo trasparenti, disegni bianco su bianco, non ci
vede nessuno. Ci guardano tutti, nessuno sa di noi. Quando ce ne andremo e il
segno sarà mutato resterà solo la sorpresa in ritardo, la consapevolezza ormai
inutile.
Non ho scelto un bel nulla sai, ho provato a vivere anche contro i
miei istinti.
Non ci sono mai pienamente riuscito.
La mia vita è mia, solo mia,
così come l’ho avuta.
Me l’hanno regalata i miei? Non conta.
E’ mia ugualmente
non la devo solo a loro, è il mio filo personale. Il mio sogno, la mia
dittatura, ciò che amo o non amo. La mia personale idea di donna e di amore.
Abbiamo ancora un
territorio molto vasto da attraversare, forse meno colorato e vario ma vasto e
non me lo immaginavo. Parlare così facendo cadere le parole in questo silenzio
di neve; sentirle frusciare tra noi pronte a farsi studiare, inquisire. Amare.
Capita, non è comune ma capita, e’ un fiore delicato e gentile, come lo
specchio di cui parli. faccio di tutto per non romperlo. Più faccio meno
funziona.
Le scelte sono di due tipi amica mia: quelle costruite e perseguite con
intensità. Volute per analisi o intuito. Restano, lasciano il loro marchio
sulla pelle della vita. Poi ci sono le scelte “non scelte” quelle che scorrono
subdole, te le trovi tra i piedi magari anni dopo, con tutte le conseguenze del
caso. Guarda quanta nebbia abbiamo intorno, le facce spuntano davanti
all’improvviso ma ci mancano i contorni, il prima e dopo, il panorama per
intero. Questo è quello che ci uccide.
La famiglia…quale? Non certo quella da cui siamo nati, nell’altro secolo, in
quell’altra Italia dai ruoli definiti. Quella scordatela. Ci sono le
alternative, alcune disgustose, altre molto buone ma ci vuole amore, non quello
abusato e scritto. No, ci vuole amore con intuito e pazienza.
Amore oltre il
sesso e con il sesso, tempo, pacatezza. Un sorriso e soprattutto niente soldi
in mezzo ai discorsi!
La cosiddetta necessità economica rovina qualsiasi
rapporto, un sole acido che fa appassire il paesaggio. La mia vita dice questo,
i miei ultimi 35 anni lo ribadiscono. Noi ci scriviamo e parliamo liberamente
perchè non c’è il suono del soldino che rotola a accompagnarci.
Sono coperto dal silenzio. funziona come la neve? Quando, bambino, vivevo in
Lombardia mi accorgevo subito al mattino appena sveglio se fuori era caduta la
neve: c’era un silenzio speciale. Mi piaceva, mi sentivo coccolato tra le
coperte e poi, fuori andando a scuola, giocavo a lasciare orme sulla coltre
candida. Ma adesso la pianura è lontanissima e lo sei anche tu: ogni giorno che
passa sempre più. Non so dirti come e perchè, c’è una spiegazione per ogni
cosa? C’è una lettera per ogni momento? Oppure vi sono momenti senza parole?
Mettiti in ascolto, siamo su ellissi distanti ma ci siamo conosciuti. Ho qui i
documenti che lo provano, ci siamo conosciuti e ci siamo parlati perchè
sentirsi distanti ugualmente? Ieri ho cercato di aprirlo questo silenzio con
cose nuove da dire: non ce n’era neanche una! Ho riprovato con quelle vecchie,
tutte inutili. Così sono rimasto nel silenzio di neve che mi circonda. Mi sono
detto – capirà l’inverno, lo ha provato. Ma se questa terribile stagione
dovesse macerare il sogno di comunicazione? Se arrivassero cose nuove me lo
scriveresti? Ed io le scriverei? Oggi temo di non essere più in grado di comunicare
niente. Dovrei dirti di tutte le cose che non vanno? Assediare la tua mente con
facsimili delle storture uguali a certe tue che solo intuisco? Meglio sarebbe
raccogliere gli ossi di seppia del passato, delle estati a mare, delle ragazze
con la pelle abbronzata e del desiderio di fare l’amore per l’amore…tanto
domani sarebbe stata una bellissima giornata. Mi attraversa ogni tanto il
ricordo di quel tempo, una stilettata, un’apnea da lasciarti senza fiato.
Aiuto! Grido. Aiuto, affogo in tutta questa vita! Lasciatemi marcire nel mio
vecchio e accidioso autunno. Non voglio morire, non voglio finire in nessun
modo. Datemi un’altra dimensione, un altro mezzo, un altro ballo, un’altra
finestra da cui guardarti perchè, lo sai, non posso fare altro. E se altro ci
fosse non è detto che sarebbe meglio di queste righe battute sulla tastiera di
un Pc. Fuori stasera è grigio e ormai è calata la sera: accendi una candela
anche per me.
Come si vince la tenerezza? E’ utile vincerla? Ci annego dentro dopo esservi scivolato,
dovunque mi giri vedo il tuo volto e sento la tua voce. Ma so che questa
parentesi si è chiusa: ci rifletto sopra da settimane e non ne trovo le
ragioni, resta sempre la sensazione ineludibile che questa trasmissione sia
finita. Ciò che si portava dentro resta perchè è sincero, vero. Importante. Non
è un contentino è un pezzo di vita che se ne va. Non potrebbe essere
diversamente per me, non ti avrei scritto, non mi sarei scritto! Ho un album
dove tengo la mia vita: ci sono pochi sorrisi, uno ti appartiene ed è coperto
da un foglio di velina chiara che ne sfuma i contorni ma lo protegge per
sempre. Sai, mi chiedo, terminato io, a che servirà e a chi servirà il mio
album, la trasmissione delle emozioni con la scrittura quanto regala della
verità intima? Guardo la tua vita, due convogli ferroviari che corrono
affiancati per un lungo tratto. osservo i visi, la tavola, il cibo, la
tovaglia. Le luci. Guardo ma non ci sono, sento ma sto in silenzio; tu vivi io
celo la mia inesistenza. Non sono pubblico ma potrei dirti molte cose, molti
momenti , Gina,di questi tuoi settanta anni.
Poi ti volti e mi guardi, il resto non c’è più…sei capace di arrivare dritta al
cuore, l’ho sempre saputo sono gli altri che non lo sanno. Mi agganci con i
tuoi occhi e sorridi solo per questo sconosciuto – "continua scrivere per te
stesso , non smettere, ti chiedo soltanto questo, smettila di fare danni" –
Ed io non so più che dire. Annego in un mare di lacrime, le uso come inchiostro
simpatico: ci sono, non ci sarò, leggerai ugualmente. Siamo due ellissi. Siamo
stati bellissimi, non riesco a scrivere addio.