20 set 2018

Scusate la polvere

Avevo quasi dimenticato questo lungo racconto, lasciato incompleto nel 2013. Adesso mi piace postare in questo luogo l'incipit di ciò che un giorno vedrà l'ultima pagina.

 Erano giorni in cui si era chiusa la porta su un mondo nel quale il tempo e le vite di ciascuno di noi, pur nella grande malinconia del suo spegnersi, avevano ben salde radici nel passato, fatto di semplici valori, di un quotidiano di speciali abitudini e di una percezione del tempo e del suo uso lungo e morbido.
Abitavamo lontano dalla grande casa che ci vide bimbi felici, e la fretta, dovuta allo scorrere del tempo in un contesto di attività ed impegni, ci costrinse a trattare con premura e superficialità quanto era immobile da sempre, senza che mai nulla fosse stato alienato, ma su cui era stato permesso agli anni e con gli anni solo l’aggiungere.
Nella fretta di impegni, della cui vacuità mi resi conto solamente con l’età, abbiamo svuotato il piano del palazzotto; molto è stato diviso fra noi tre fratelli, altro perso, regalato e gettato e qualche cosa trasferita in custodia al piano di sotto, nei magazzini o nel garage di quella grande casa che tornai ad abitare dopo più di un trentennio, quando sentii che era tempo di riprendere il filo delle mie radici.
Uno degli scrittoi con sette cassetti zeppi di carte e documenti, era lì ad aspettare che qualcuno facesse ordine e desse la degna importanza a contratti e carte con timbri del regno delle due Sicilie, vecchie pagelle scolastiche con lo stemma del Regno d’Italia, prima, e col fascio dopo, molte foto e un piccolo cartone senza coperchio, zeppo di cartoline riposte a guisa di schedario, in attesa di essere guardate, divise e sistemate, insieme a tutte le altre della mia collezione iniziata quando ero ragazzina.
Quella porta chiusa tanto tempo prima in un mondo che adesso sa di onirico, come per incanto si è riaperta, e sono chiare le visioni di noi bimbi ad inventarci giochi con la terra in giardino, a zampettare curiosi intorno alle donne che il lunedì mattino nel vano lavanderia nel giardino procedevano al lavaggio della biancheria con in vecchi metodi della cenere e della bollitura. Ed ecco riaffiorare il ricordo delle lunghe sere attorno al braciere, con racconti fatti di risate ed ironie, con Martoglio che era il pezzo forte di una delle mie zie, mentre io crescevo curiosa e fiera delle mie radici e, avida, stavo ad ascoltare aneddoti della famiglia che vide in quel salotto tutte le sere nonne zie cugine e parenti che, pur se vicine ai novanta anni, avevano mente sveglia e nitide visioni…..


2 commenti:

  1. Mi sovvengono i miei cassetti pieni di robe vetuste, foto appassite, carte inutili, tutto frutto della mia accumulazione compulsiva, un qualcosa di cui rimprovero papà, e che mi porto appresso con reiterata indecenza. Ogni tanto spazzo via, scarto, sfrondo. Ma potrei fare di meglio e di più, rimanendo comunque affogato di carte e cartuccelle, biglietti e altre robe inutili, sulle quali nessuno mai, tra trent'anni, metterà le mani, se non per gettare tutto nell'assolutamente non riciclabile.

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    1. Le cose vetuste e appassite hanno un fascino che è difficile descrivere, dopo essere mancata da quella casa trent'anni, ed aver perduto molto di tutto,ho trovato meraviglie.
      Non tutto ho conservato, e non mi tange la loro fine dopo di me, io intanto assaporo il profumo d'antan.
      Se ne hai voglia e tempo ti consiglio Diario Siciliano di Ercole Patti, leggendolo andrai a ritroso in un mondo il cui sapore è perduto per sempre. Rivedrai la mia casa e la campagna con vista mare e quella ricerca della felicità che Patti cerca nella memoria e nello stile.

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