27 feb 2018

Situati nel tempo

Postcard  di StregaBugiarda
Ma lietamente a me medesimo indulgo, scriveva il Mostro nel 1924,  ed io contenta di essere a casa dedico il tempo ai miei pensieri e a quell'indugiare in vipassana che non ho capito bene se cura cercando il vuoto della mente o lasciando a briglia sciolta la stessa.
Oggi mi sono ritrovata a giocare con le parole…feriale è un giorno lavorativo, ma ferie, sono i giorni di vacanza… tutta colpa dei romani, poiché i giorni in cui non andavano a lavorare erano diventati talmente tanti da chiamarli feriali….
Ma fra ferie e feriali… per tutti la condizione è quella di stare in questo mondo, ed avere una vita riuscita significa saperci stare.

Siamo qui, indipendentemente dal nostro volere e misuriamo la riuscita di vita con un metro uguale per tutti, cioè quello materiale, politico, sociale… tralasciando sempre più spesso quello etico ed emozionale.

Stare al mondo per me vuol dire abitarlo, muoversi in esso, abitando spazi diversi lungo il tempo, e essere sempre nella condizione di essere “situati”.

Questo avviene in un arco di tempo che è la nostra vita, nasciamo, sbocciamo, fioriamo e sfioriamo in una situazione di spazio e tempo più grande di noi…un epoca.

L’epoca è di tutti, anche se io mi ritrovo sempre più spesso a pensare: “alla mia epoca”… con un aggettivo possessivo che include il concetto di esperienza personale, e la mia epoca, non è questa in cui sto scrivendo?
Quindi per vivere bene è necessario saper abitare il proprio tempo, che poi è l’unico tempo che l’uomo ha a sua disposizione.
E il modo migliore è quello che l’uomo attua attraversandolo, percorrendone le molte vie, inoltrandosi quà e là per sentieri inesplorati.
Parlare della nostra “epoca” significa parlare del presente
Dove inizia il presente? ed infine dove finisce se spesso sconfiniamo nell'”oltre” delle nostre aspirazioni, nei sogni del domani o anche, in semplici e modesti progetti?
Un domani fatto di desideri ma anche evaso, perchè il futuro inquieta ed insieme carica di responsabilità.
Agire significa “operare” oggi per “domani”, significa calcolare in anticipo le conseguenze delle nostre azioni, fare i conti con le nostre responsabilità.

Di fronte all’incertezza del futuro, molti uomini e spesso giovani, si attestano, quasi al riparo, al puro presente o si fermano al “momento” senza passato né futuro, ma questa è una astuzia per fuggire, per essere esonerati dai compiti a cui l’ “ora” chiama, e che impone.
Fuga prerogativa dei deboli o dei meno attrezzati a farsi carico delle “fatiche del tempo” cioè di un presente che è spazio, ambiente, circostanze.
Il presente è complesso e quello che i greci chiamavano Keiros, la cui radice indoeuropea krr
(che belli gli anni in cui la filologia germanica e sopratutto Ute Schwab mi faceva tremare ed insieme appassionare) che vuol dire armonia e suggerisce l’idea di unione.
E i greci intendevano si il momento, ma come “tempo opportuno” da cogliere, valorizzare, un tempo in cui trovare la misura giusta per decidere il da farsi, il rifiutare, lo scegliere.

Vivere il presente vuol dire confrontarsi con ciò che accade, con la durezza della realtà, ma è anche l’occasione per le nostre vittorie, e per “l’acquisizione di capacità di beni durevoli, in genere dissolti dalle stesse chiacchiere di chi cerca di spiegarli.
E questo capita ai poveri, non mi riferisco ai privi di averi, o agli emarginati, ai privi di educazione e linguaggio, ma anche a quelli che di cose ne hanno tante, fin troppe,ma sono privi d’anima e di senso della vita, e poi al grande numero di anonimi, di vicende private, di storie segrete che fanno la Storia fanno l’epoca.
E così penso, avere una vita riuscita significa essere “situati” bene nel nostro tempo.
Ed io che non ho più nulla, che sono lontana dal materiale e dai bisogni “vacui” che ho scoperto ricchezze non soggette a furti, che ho preso rifugio come i bimbi…che non chiedono ma che c’è sempre chi se ne occupa, dovrei pensare che la mia non è una vita riuscita? mi sbaglio a condividere e non solo come idea, ma con i fatti questo concetto?
C’e’ un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera

26 feb 2018

Vincenzo il protagonista.

Photo Strega
Perché scrivere soltanto dei ricordi o aneddoti della mia vita, oggi mi sono detta, “adesso scrivo la trama di un romanzo”.
“Con buona pace di Flaubert, quell’Emma Bovary non sono io”
Questo è quanto afferma ad un sospettoso editore ( ma volitivo al punto di intervenire qua e la nel manoscritto) Vincenzo, l’autore immaginario di questo romanzo, narrato in terza persona.
Può essere definito tutto fuorché distaccato, il suo racconto che è la vita di un uomo nevrotico, nonostante il suo dichiarato dinamismo.
Di un uomo solo nonostante il pullulare di donne, figli, e amici, di un uomo affermato nonostante le delusioni che si affacciano ad ogni incontro, di un uomo squisitamente del nostro tempo, tutt’altro che squisito.
Vincenzo è in analisi, presso un professore tanto temibile quanto “beffabile”, e le sedute sul divano- alternate alle pause di rifugio o di attesa in un sottoscala buio- sono altrettante occasioni per ricordare, vincere le rimozioni, lasciar affiorare l’inconscio , vivere o simulare di vivere infinite vite ed amori tutti contemporanei che confluiscono in una sola : quella che Calderon afferma essere un sogno.
Tutto qui?
Una lotta contro “il male oscuro” e le onde lunghe che giungono fino al buio sottoscala, un compiacimento nella coazione a ripetere, un generoso tentativo di reinterpretare se stesso, grazie o nonostante l’analisi?
Assolutamente no.
La trama avverte che V. : si lascia trascinare nel delicato equilibrio (o squlibrio) fra il personaggio e vita di attore.
Il protagonista ha scritto un vero romanzo, barocco e post moderno, grondante amore e passioni, riflussi e pulsioni, ideali e meschinità; che ha costruito, ricorrendo alle tecniche più disparate, dalla narrazione al monologo, dalla poesia alla sceneggiatura della commedia, una struttura sfaccettata proprio come è la vita. : angosciante e/o esilarante, grandiosa o riduttiva, ora esaltante ora umiliante.e lo scrittore avverte il protagonista e il lettore che dal sottoscala della memoria ci si può (nonostante tutto) elevare alla memoria del sottoscala : superarsi, ritrovarsi, vincere.. e trasmettere agli altri la medesima tensione. Poco importa chi sia Emma Bovary.


INCIPIT

" Non è un romanzo", sentenziò l'editore.
E armeggiò con una chiavetta attaccata all'enorme mazzo, per aprire uno stipo alto sulla parete r cavarne una bracciata di fogli.
Richiuse il cassetto prima di sedersi alla scrivania e ribadire:
"Non è un romanzo"
"Per me lo è", disse V."Non finito, disordinato, eterogeneo, ma lo è. Cosa sarebbe altrimenti? Non lo avrai mica scambiato per una biografia! ".
Non ti sei neppure preoccupato di nascondere le analogie, Il protagonista lo hai chiamato Vincenzo, con la tua stessa iniziale, gli hai dato quattro figli quanti ne hai tu,lo stesso mestiere tuo"
"io non sono un editore, né uno scrittore di professione".
"Quella è una verniciata di superficie, ma il teatro, il cinema..."
"Pura comodità.Introdurre ambienti e gerghi che ci sono familiari, per evitare di essere generici; la parentela si arresta qui. Insomma con buona pace di Flaubert, quell'Emma Bovary non sono io"
La discussione si protrasse, l'editore citò altre corrispondenze, V. replicò con altrettanti argomenti.
"Il personaggio della moglie è talmente fittizio, io non ho mai avuto un rapporto coniugale come quello adombrato nel testo, ed i figli, gli amici non sono i miei; anche se a tratti certe coincidenze possono generare ambiguità"
" Il risultato è deviante.Non possiamo stampare questa cosa come un romanzo : un puzzle semmai, in cui hai mescolato tasselli veri e schede false, Sì, un puzzle, o peggio un trompe-d'oeil.
Lo prova il disordine formale, l'uso caotico di cose scritte in altra epoca, dialoghi, sceneggiature, poesie. Qua e là accavalli addirittura i temi, spezzi la pagina in più voci. Che cosa aggiunge questo se non a rendere più faticosa la lettura?"
" Lo so, sono stilemi irritanti, oltre che datati.La mia è la scrittura di un dilettante, cui è precluso il dono divino della semplicità.
Che posso dirti ? Il mio Vincenzo più che parlare sproloquia: la nevrosi del linguaggio è il tratto che ci accomuna; per il resto ripeto, si tratta di un puro falso, fatti e personaggi non hanno attinenza con la realtà".....
....... "vuoi che ti ridia il materiale, pensare eventualmente ad un impasto diverso?"
"io non so cosa ho scritto, e credo che non lo saprei nemmeno rileggendomi. Se il brogliaccio andrà a termine ne farai quel che vorrai. Mi offri da bere?"
"L'editore aprì una vetrinetta, dietro cui si allineavano bottiglie e bicchieri. Bevvero un Martini in silenzio.Infine V. si congedò con l'ultima annotazione;
" Sai perché non ho scritto un libro autobiografico?Semplicemente perché una vera autobiografia è impossibile. Noi raccattiamo lembi di memoria che in apparenza si collegano a qualche aspetto della nostra vita; poi li mischiamo con libere associazioni mentali: e già in quel momento la fiction- anzi una autentica e generalizzata finzione- prevale su tutto e tutto
spersonalizza. E' inutile che io riprenda in mano questi fogli: Vincenzo è per me uno sconosciuto, non voglio avere altro a che fare con lui. Tu cancellalo o lascialo al suo destino."
Uscì dallo studio, con passo allegro, come liberato da un peso. E sentì, al di là dell'uscio, l'editore che assicurava la porta con tre mandate di chiave.

OH che sciocca e smemorata,☺ mi sono accorta adesso che la trama non è mia e che sono Memorie di un Sottoscala ( di cui ho trascritto l'incipit)  Gassman. Longanesi 1990.

25 feb 2018

Il suono dell'essere (pensierino n.1)

Photo StregaBugiarda
Avere buon gusto non serve se non si ha buon gusto nel comportamento,
essere educati e conoscere il galateo non serve se non si ha educazione sentimentale, 
e sopratutto usare tatto vuol dire non fare pesare di averlo, dato che è l'unico comportamento che si nota solo quando manca.

24 feb 2018

LA RICREAZIONE E' FINITA

I blog sono come la politica, il fumo, la squadra del cuore, gli hobbies , distaccarsi è difficile e poi cui prodest.?

Mi è mancata questa casa, ed eccomi qui, via la foto dei libri, che mi stanno schiacciando oramai in tutte le stanze, sostituita dal tramonto allegro e languido, rubato all’obiettivo dalla mia  anima che rientrando nel gennaio del 2014, ripristinava contatti,  allora staccati per mancanza di campo.