L’ espressione geografica del Metternich, dopo 95 anni di regime monarchico sabaudo con una deviazione fascista di venti anni, dopo 71 anni di regime repubblicano, in due regioni del nord vota e chiede l’autonomia. Il referendum ha avuto esito positivo, l'autonomia pare un bisogno assoluto!
Ad essa si arriva dopo una centralizzazione feroce che in alcuni casi particolari ha dovuto far i conti con situazioni particolari: terre di confine e un’isola lontana al centro del mediterraneo. Situazioni su generis derivate da storie sui generis e risolte in modo provvisorio.
L’autonomia siciliana figliastra del senso di diversità già presente nell’aristocrazia siciliana fu un bel regalo confezionato in fretta e furia dallo stato centrale appena uscito dalla guerra per i riottosi e mafiosi politicanti isolani, Un regalo pieno di dolciumi presenti e futuri, di privilegi assurdi che diventarono poi veleni mortali. Di questa autonomia, enorme sulla carta, imbelle in realtà, si è avvantaggiata solo una piccola ma rumorosa fetta di gente, i siciliani viaggiano ancora su ferrovie da inizio ottocento, hanno più forestali che in Trentino, strade piene di buche e un’emigrazione giovanile da sceneggiata napoletana con l’infame in bella vista.
L’espressione geografica resta un termine crudele e beffardo ma è vera! L’Italia è una lunga penisola proiettata dalle Alpi all’ Africa settentrionale, popolata da genti diversissime per storia costumi abitudini e clima; la diversità è riflessa nei secoli da stati e staterelli spesso in lotta tra loro, senza mai un vero anelito diffuso di nazionalità condivisa. La cosiddetta lotta per l’unità nazionale è stata sempre appannaggio di una ristretta elite culturale dagli anni delle prime guerre di indipendenza in poi. L’unità sarebbe più corretto chiamarla col suo vero nome: allargamento della struttura statale del Piemonte su tutto il resto del territorio.
Non piacque nel 1870, non piace a nessuno nemmeno ora. Però è stata creata una storiografia-agiografia ad hoc perché da qualche parte si doveva pur cominciare, nel frattempo abbiamo attraversato guerre coloniali, lotta al banditismo ( i briganti guarda caso erano tutti meridionali) guerre mondiali, resistenze e una politica di così basso profilo da restare inebetiti
Il nostro libro Cuore è un composè fantastico di gioia e dolore, poesia e bassezze indicibili, voli ed entusiasmi e divisioni radicate da secoli.
Siamo ancora un’espressione geografica!
Per chi cammina per le strade di Palermo o Siracusa o Catania e due giorni dopo passeggia per Piazza Carlo Alberto a Torino o piazza Duomo a Milano, per chi abita in val d’Intelvi o chi vive a Lampedusa, per quelli che guidano tra le strade dell’Umbria o attraversano la pianura lungo il Po, per tutti costoro e altri ancora è impossibile pensare di vivere nella stessa Nazione. Possiamo far finta di esserlo, possiamo fingere molto bene ma restiamo un’espressione geografica. Questo non vuol dire che popoli diversi con gusti e abitudini diverse non possano scambiarsi conoscenze e favori, non debbano provare a conoscersi, ma una nazione è ben altra cosa. Una nazione è unità di regolamenti, è base storico-culturale comune dalla quale discende fisiologicamente solidarietà popolare nella buona e nella cattiva sorte. Spero di essere stato chiaro: non è così difficile capire che "forza Etna" stride con questo concetto, che "non si affitta ai meridionali" di 50 anni fa ( ma non è del tutto scomparsa l’idea di base) non è compatibile con esso.
Non si tratta di stupido campanilismo, si tratta di mondi diversi, provare per credere. Io l’ho fatto.
Se andiamo a vedere le cronache di questi ultimi anni cosa notiamo? La prima fondamentale proposta del Veneto e della Lombardia è quella di avocare a sé il 90% delle entrate fiscali. Poi il resto ed è un resto che nemmeno Cattaneo nel 1848 pensava possibile. Ma Cattaneo c’era e la sua idea di federalismo è ancora perfettamente presente nei lumbard e nei veneti di oggi. Essi non amano i crucchi ma, dovendo scegliere, tra Piemonte e Vienna credo che sceglierebbero la seconda. Oggi non avrebbero dubbi a legarsi in tutto e per tutto con l’Austria, esattamente ciò che volevano a metà ottocento...e Verdi se ne faccia una ragione! Prendersi il grosso del malloppo e gestirselo in proprio è occasione ghiotta, se a questo aggiungi il pessimo uso fatto del denaro pubblico in una regione come la Sicilia la discussione è chiusa. Riuscirebbero i polentoni a far meglio della regione con sede a Palermo? Ad evitare sprechi assurdi e privilegi fantastici? Vedere per credere. Due anni fa sotto la mole Antonelliana a Turin mi son sentito dire da un compito bifolco e signora che son stati loro a fare l’Italia! A ingrandire il territorio dei Savoia risposi io! Alzarono i tacchi, poi passai davanti al ristorante il Cambio davanti a Palazzo Carignano e mi immaginai il conte di Cavour fare il solito cenno al cameriere là sotto per dirgli di preparare un tavolo.
Il Piemonte starebbe bene per i fatti suoi, idem la Lombardia magari con un buon trattato commerciale con la Svizzera. Il Veneto e il Friuli non han dimenticato la Serenissima, Trieste è più austriaca di quanto si pensi, mitteleuropea direi e poco italiana. Genova ad onta di Mazzini sarebbe per tutti: una città stato aperta a mille possibilità come qualunque città di mare si rispetti.
Della Toscana non so dire con certezza, hanno così tanti asti i toscani tra loro, parlano l’italiano loro, quello dell’Accademia della Crusca, di Dante e dei panni lavati in Arno…L’Italia? Mah, forse riveduta e corretta.
Roma è ladrona, ruffiana, papalina, troppe cose per essere UNA, quelli che furono i territori dello stato Pontificio comunque farebbero qualsiasi cosa per darle un calcio in culo a perenne memoria dei centurioni papali dell’ottocento.
Napoli è ancora Regno delle due Sicilie, cultura, povertà, musica, furbizia, accomodamento ad arte, camorra imperante, legge dello stato assente e un’infinita malinconia del principe De Curtis.
Poi c’è il sud e il sud del sud, c’è il silenzio dei latifondi, del Pollino e del Tavoliere, la luce del Salento e l’Oriente a due passi. L’Italia è lontanissima, la taranta presente. Devi passare lo stretto per entrare nel continente Sicilia e dovresti studiare a lungo e senza preconcetti da settentrionale leghista per capire come e perché, pur essendo la vera metafora e chiave di tutto (Goethe) l’isola non è mai stata Italia!
Trovi l’autonomia se ci sono basi veramente sentite e comuni altrimenti trovi la secessione. Trovi uno stato federato se prima ce n’è uno veramente unitario e funzionante! Altrimenti non trovi altro che un’espressione geografica. Il conte di Cavour lo sapeva benissimo, erano gli altri a far finta di non capire, Camillo lo sapeva per intuito da vero francese qual’era, pur senza aver mai visitato la penisola sotto Firenze sapeva che di Italie se ne dovevan fare almeno tre con buona pace dei patrioti. Invece ne abbiano una finta, piena di dubbi e di equivoci, esterofila per antonomasia, con una parte di popolazione che guarda con sufficienza le altre. Tra poco non avremo più nemmeno questa ma lascio a voi il compito di descriverla, io appartengo ad un altro mondo e ad un altro paese.