29 lug 2014

Ricordi , prologo del futuro

La notte è trascorsa a riordinare nella nuova casa. Sono lenta, apro pagine a caso, come se fossero i libri delle risposte, mi fermo ad ogni giornale, non riesco a posarli senza aprire e curiosare.
Immagini fantastiche dei numeri speciali di Epoca, l'allunaggio, le avventure di Bonatti, e indietro nel tempo La lettura e Le vie d'italia, del 1914, e gli articoli sulla Grande Guerra. Ho sistemato alcune cose di Beppe, la sua rivista Braci, dei libretti stampati da una tipografia locale, che adesso non c'è più, e mentre pensavo a quanta grande è stata la mia fortuna di vita, altrettanto grandi i miei dolori e le tragedie, e oltre ad essere unica, del resto come tutte le altre, la sento speciale, per la passione che mi accompagna, e il ritornello che mi fa arrabbiare "tu sempre fortunata" so che corrisponde a verità.
Per uno strano sentire, ho visitato un sito che mi era stato decantato anni fa, e che mi aveva profondamente deluso, forse per le aspettative che non bisogna mai avere.
Non lo avevo più visitato, e, caso o coincidenza, stamani ho trovato una poesia di Beppe ; un semplice copia incolla, di quelli che per dire qualcosa ti affidi a parole altrui, e sopratutto alla poesia che è un linguaggio capace di accarezzare il cuore di tutti, infatti si basa sulla interpretazione soggettiva e lo stato d'animo di chi legge.
Allora mi piace "dire o meglio ridire" di questo grande della scuola poetica romana degli anni 80. Così do una rispolverata ad un mio vecchio post... dell'Aprile del 2012 :
 A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m'hai insegnato
ad amare, ma senza di te. La vita 
con il suo dolore mi insegna a vivere,
ma quasi senza vita, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro.
Allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, a sognare, ma
non vedo in sogno, che figure inumane,
Non ha più limite la mia pazienza.
Non ho pazienza più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche ad odiare ho dovuto imparare
Foto di Beppe ai Fori Imperiali "letture notturne"
e dagli amici e da te e dalla vita intera.
                                                    Beppe Salvia

Sistemando vecchie carte ho trovato un suo breve appunto.

“Io amo la mia casa perché è bella / e silenziosa e forte: sembra d’aver / qui / nella casa un’altra casa, d’ombra, / e nella vita un’altra vita, eterna”.


La sua bellezza biondo e riccio come un cherubino, grandi occhi azzurri,  era pari alla meraviglia del suo dire.
E mentre un gatto prendeva posto alle spalle di quella nonna che sedeva in modo da fargli posto,
Foto Gingi sala da pranzo
lui ad appena tre anni raccontava in poesia 
le biricchinate dell'asilo, mangiando elegantemente e da solo.
Ci sarebbero nella biografia di Beppe tanti elementi per farne una leggenda. A Lui piacevano gli slanci e i salti, i salti lessicali e logici,
e anche quelli fisici, da equilibrista.

Gli piaceva saltare sui davanzali.
Lo faceva ogni tanto, tra il terrore di chi guardava.
Non si prendeva mai sul serio, aveva uno spirito sornione, e se pure aveva un sentimento altissimo della poesia, non ci pensava troppo a bruciare le sue pagine o a buttarle nel Tevere. 
"Scriveva usando eteronomi, alla maniera di Pessoa,
che gli consentivano di praticare «l'immodesta arte di troppe vite vere».
Dal vento dei suoi boschi lucani "al limitar di neve e foresta" fra volpi e segugi gli arrivò il  soffio dei versi di Orazio e dalla materna Sicilia l'eco della scuola siciliana."
E mi affacciavo su quel giardino
Giardino di casa, foto fatta 40 anni dopo.
che mi vedeva per lunghe ore calde sull'altalena mentre fra un disegno,
Gingi e Beppe in giardino 1955

Foto Strega acquerello e china B. Salvia,1970 
una poesia, lui all'ombra della pergola con la chitarra omaggiava i Beatles dell'estate di Girl. 



23 lug 2014

Avventura nel primo secolo

"Avventura nel primo secolo" finito di rileggerlo la scorsa notte, a volte mi prende il desiderio di libri che hanno lasciato un buon ricordo, e questo di Paolo Monelli per me è stata una folgorazione allora, ed un piacere rinnovato adesso.
Monelli una sera del 1954,  riceve la visita di un incaricato della sezione UDU (ufficio dei desideri umani.) per consentirgli di realizzare il desiderio di fare un viaggio nel tempo e di vivere nella Roma dei Cesari.
 Egli non potrà modificare nulla, non potrà incidere sui fatti storici,né comunicare future invenzioni ai suoi concittadini, e il suo spirito prenderà posto nel corpo di un bimbo appartenente alla gens valeria. 
IL racconto pieno di simpatici aneddoti ha una grande valenza storica, e porta anche chi lo legge alla conoscenza di una quarantina d'anni, coinvolgenti per la precisione e la ricostruzione ambientale .
Lui , Publius Valerius Monellus ci fa assistere dagli ultimi anni del governo di Augusto fino alla prudente politica estera di Tiberio, ci porta a Capri, a Baia, in Egitto in Siria, a Petra, fino alla conoscenza di Plinio il vecchio, sempre in compagnia del suo taccuino, al quale predice inutilmente la morte investito dalla tremenda nube di gas del Vesuvio.
Impossibile qui dire i riferimenti storici quelli mitologici e le considerazioni su i personaggi ed i luoghi dell'epoca. Riporto un brano tanto per farvi capire quanto vasti siano gli orizzonti descritti: "Sapevo che Hostia frequentava... Ovidio Nasone che avevo visto più volte dal libraio, presso il termopolio del portico di Nettuno, ospite onorando. Ogni volta che lo vedevo pensavo ad un misto di Cardarelli e di Bacchelli, un Cardarelli per la piega amara delle labbra, per il gesto ammonitore, col dito alzato, con cui attirava l'attenzione con quello che stava per dire, un Bacchelli per la maestà dell'incedere e le floride pieghe della pelle sulle guance, e l'aspetto di uomo fortunato, che se la faceva bene, amico dei potenti, vezzeggiato dalle donne".
 Poi ci sono le notti romane, delle matrone ma anche di Julia, nipote dell'imperatore che si racconta, e pare risponda al vero, che una sola notte infilò nel braccio della statua del nonno bel tredici corone d'alloro, tante quanti i centurioni che avevano acconsentito a soddisfarne le  sue voglie. 
Adesso con il sapore di aver vissuto 20 secoli addietro, con il ripasso della mitologia, della storia e dei sentimenti dell'epoca mi chiedo:
Che interesse può avere per un lettore una storia vecchia di duemila anni?Che segni di vita possono arrivare da un passato di 20 secoli ?Shakespeare  nella Tempesta ci avverte
“il passato è soltanto un prologo” 
il prologo della nostra vita, alla quale tutto ciò che la precede appartiene come parte indistruttibile dell’esistenza, Cesare, Antonio, Annibale. Costantino, Alessandro, e tutti gli altri anche sconosciuti siamo noi, la loro storia è la nostra storia.
Il ricordo che riusciamo a decifrarne è in sostanza il ricordo di noi stessi.
Ed è inutile obiettare che 20 secoli sono un abisso così profondo da non poter scendervi dentro. 
Ogni 100 anni si succedono tre generazioni, il mio nonno era nato nel 1861, insieme al regno d’Italia e da bimba raccontava quello che aveva sentito dal suo nonno su i Francesi ed i Borboni… l'altro nonno raccontava di quando suo padre piantò in giardino  al passaggio di Garibaldi la palma che ancora c'è.
Un filo ininterrotto dal settecento fino a me. Con questa cadenza di vita  sessanta nonni ci dividono da Annibbale o Cesare. 
Sessanta nonni soltanto. 
E che dire dei luoghi spettatori impassibili e fedeli del passato, testimoni che attendono solo di essere interrogati? Basta saper guardare e Cartagine diventa viva.Cesare e Annibbale  contemporanei nei nostri ricordi, uomini come noi che vivevano di pane, provavano desideri, assaporavano dolori, avevano bisogno di amici.

14 lug 2014

Diverse illusioni

Se dovessi parlare del mio stato d'animo in questo periodo potrei paragonarlo ad un libro, di quelli difficili da recensire, di quelli zeppi di tutto e scoordinati, scritti senza uno stile la cui  critica è fatta solo per evitare parole insulse o farraginose, direi è "un volume di 1000 pagine, difficile leggerlo fino alla fine".
Le mie giornate adesso cominciano all'alba ed ieri era l'ora del tramonto quando mi sono addormentata stanca nel fisico ed avvilita nel pensiero. 
Poi, nei primi minuti del nuovo giorno, mi sveglio e nel momento mediatico del dormiveglia, fra percezione o autocritica, con senso di colpa tengo sempre tutto e tutti sotto verifica.
E' un meccanismo strano, scavo fino in fondo, chiedo, leggo, spulcio il mio e l'altrui e le mie percezioni o sensazioni vengono sistematicamente confermate.
Potrei essere soddisfatta di questo mio non sbagliare, invece, è schiusa la porta verso la delusione per aver sperato diversamente, nel dispiacere di dover cambiare idea.